martedì 27 novembre 2007

DOLCETTO O SCHERZETTO?

Festeggiare la sera del 31 ottobre alla maniera di Halloween significa riscoprire antichissimi riti propri dell'Europa e dell'Italia in particolare.
Durante il primo secolo, invadendo la Bretagna, i Romani vennero a contatto con i Celti, nel cui capodanno, alla data del 31 ottobre, si celebrava la fine dell'estate sacrificando animali agli spiriti dei defunti per propiziarsi abbondanti raccolti futuri.
L'usanza moderna di travestirsi nel giorno di Halloween, nasce quindi dalla tradizione celta di mascherarsi con le pelli degli animali uccisi nei sacrifici nella notte del 31 Ottobre, per 3 giorni allo scopo di esorcizzare e spaventare gli spiriti. Vestiti con queste maschere grottesche essi ritornavano al villaggio illuminando il loro cammino con lanterne costituite da cipolle (le rape e successivamente le zucche antelitteram!) intagliate al cui interno erano poste le braci del Fuoco Sacro.
Sempre durante quella stessa notte le fate, considerate nella tradizione celta ostili e pericolose nei confronti degli esseri umani, erano solite fargli alcuni scherzi, portandoli a perdersi sulle loro colline dove rimanevano intrappolati per sempre. Le leggende narrano così che I Celti, per guadagnarsi il favore delle fate erano soliti offrire loro del cibo o latte che veniva lasciato sui gradini delle case.

Anche gli antichi romani intorno al 1° novembre onoravano Pomona, la dea dei frutti e dei giardini. Durante questa festivita' venivano offerti frutti (soprattutto mele) alla divinità per propiziare la fertilità futura. Con il passare dei secoli il culto di Samhain, nome del capodanno celtico, e di Pomona si unificarono: l'interlocutore della festa del 1 novembre diventò così il morto, da cui ci si travestiva per poter inscenare lo scambio fra l'offerta dei vivi ed i doni dei morti. Malgrado l'avvento del Cristianesimo queste tradizioni erano molto radicate nella popolazione e pur essendovi molte persone convertite alla Chiesa cattolica, l’antico rito celtico-romano rimase.
Visto che la Chiesa cattolica non riusciva a sradicare questi antichi culti pagani, escogito' un tentativo per farne perdere l'ancestrale significato. Infatti nel 835 Papa Gregorio spostò la festa di Tutti i Santi dal 13 maggio al 1° novembre. Tuttavia l'influenza del culto di Samhain, non fu sradicata e per questo motivo la Chiesa aggiunse, nel X° secolo, una nuova festa: il 2 Novembre il Giorno dei Morti in memoria delle anime degli scomparsi che venivano festeggiati dai loro cari, che mascherandosi da santi, angeli e diavoli accendevano dei falo'.

E' su questa falsariga che si inserisce la leggenda che fa risalire ai primi cristiani, in cammino da un villaggio all'altro, elemosinando un pezzo di pane, l'origine della versione ancestrale italiana del "Dolcetto o scherzetto?" Il pane ottenuto dai pellegrini cristiani era detto "pane dell'anima" e più se ne riceveva, piu' preghiere questa persona prometteva di recitare per i defunti della famiglia che aveva a lui donato il pane. Infatti a quei tempi si credeva che i defunti potessero giungere al Paradiso non solo attraverso la preghiera dei propri cari, ma anche degli sconosciuti.

In Italia si diffuse quindi l'usanza della questua fatta da schiere di ragazzi o di contadini e artigiani che vanno di casa in casa cantando un'appropriata canzone; a Pettorano sul Gizio (Abruzzo) essa suonava così:
"Ogge è lla feste de tutte li sande:
Facete bbene a st'aneme penande…
Se vvu bbene de core me le facete,nell'altre monne le retruverete".

Questa costumanza in Puglia si chiama senz'altro cercare "l'aneme de muerte" e si apriva con questa specie di breve serenata rivolta alla massaia:
"Chemmare Tizie te venghe a cantà
L'aneme de le muerte mò m'a da dà.
Ah ueullà ali uellì
Mittete la cammise e vien ad aprì."
La persona a cui è rivolta la canzone di questua si alzava, faceva entrare in casa la brigata ed offriva vino, castagne, taralli ed altro.

E accanto alle questue, le strenne.
In Sicilia non è la befana, ma sono le anime dei morti che, il 2 novembre, recano i doni ai bimbi, doni che vengono appunto chiamati "cose dei morti".
Per ottenerli, i bimbi recitano questa preghiera:
"Armi santi, armi santi (= anime sante)
Io sugnu unu e vuatri siti tanti: ( = io sono uno e Voi siete tante)
Mentri sugnu 'ntra stu munnu di guai
Cosi di morti mittiminni assai"
cose dei morti, cioè regali, mettetemene assai; s'intende nella scarpetta o nel cestello che i bimbi lasciano la sera appesa alla finestra o a capo del letto.
E i morti scendono a schiere bianche e spettrali, entrano in chiesa, assistono alla prima messa, poi si dirigono alle loro case a ritrovare i loro cari. L'ingenua fantasia del popolo li vede.

Bibliografia:
Paolo Toschi, "Invito al folklore italiano", Studium, Roma
Laura Rangoni, Le fate, Xenia
G. Pitré, "Spettacoli e feste", Palermo 1881


Carmela Maietta, brevi articoli su Halloween pubblicati da Vanity Fairy nei numeri del 25 ottobre e 1 novembre.

http://www.thanatos.it/cultura/tradizioni/italia/tradizioni_it_giorno_dei_morti.htm
http://digilander.libero.it/emina68/HalloweenStory.html

lunedì 15 ottobre 2007

BLOG ACTIO DAY -AMBIENTE - ALBERO DI NATALE

Il simbolo universale del Natale è in realtà un rito di magia simpatica, di provenienza germanica, dove il rito di offrire doni all'albero, quale incarnazione del divino durante l'inverno, serviva ai contadini per propriziarsi -in cambio - un buon raccolto. Le palline quindi altro non sono che simboli dei frutti che in primavera crescono sugli alberi.
Cosa avviene invece ai giorni nostri? La maggior parte degli abeti da decorare vengono tagliati dalle foreste senza neanche le radici, e quando pure le conservano, vengono lo stesso sistemati in un vaso nell'eccessivamente riscaldato soggiorno di un appartamento. Pur riempiti di addobbi splendenti, appena passate le feste, vengono gettati in strada al loro destino.
Pur non sapendo nell'addobbarlo prima e di maltrattarlo poi, di mettere in atto il rito magico in cui il simile richiama il simile, come ci dovremmo aspettare che la Natura poi si comporti nei nostri riguardi?
La mia proposta quindi per il BLOG ACTION DAY di quest'anno è: a scanzo d'equivoci, se già normalmente non abitiamo nei pressi di un abetaio, compriamo un albero di Natale finto, magari con già delle pigne sopra...così che anche senza addobbi ci possa ricordare quanto la Natura è generosa con noi sempre e non solo a Natale.

domenica 15 luglio 2007

Luna di Miele

Prima dell'avvento delle linee ferroviarie, i viaggi di nozze erano ben rari; il periodo immediatamente successivo al proprio matrimonio, per ovvi motivi di praticità, velocità...e comodità, veniva trascorso dai freschi sposi in casa loro. E' solo in epoca molto recente che il viaggio di nozze entra a far parte degli antichissimi rituali del periodo detto di "Luna di Miele".

La luna di miele, viene fatta risalire infatti a 4000 anni fa in Babilonia, dove il calendario era basato sulle fasi lunari; una luna era quindi circa un mese del calendario solare nostrano.
Per un intero mese dopo il matrimonio di una coppia, il padre della sposa forniva al genero l'Idromele, una bevanda alcolica ricavata dalla fermentazione del miele nell'acqua perché si credeva che proprio la presenza del miele favorisse la fertilità.
Il nome Idromele, deriva dal greco ydor "acqua" e mèli "miele", e nell'antichità era noto come "la bevanda degli dei". Fin dalla preistoria, prima dell'uso della vite, ed anche dopo, nei luoghi in cui le condizioni climatiche sfavorevoli non ne consentivano la coltivazione, tale fermentato rappresentava la prima ed unica bevanda alcolica.
Pur avendo un grado alcolico basso (circa 15°) il lungo periodo di fermentazione previsto dalla ricetta originaria, lo rese un bene di lusso, limitandone l'uso a rituali religiosi, di fertilità e di guarigione. Per questo motivo lo si trova prodotto quasi ovunque ci siano le api: nell'antico Egitto, nella Scandinavia vichinga e tra le popolazioni delle isole Britanniche dove, fino a tutto il XVIII secolo, tale tradizione rimane viva e presente proprio in quanto entra a far parte anche del rito matrimoniale stesso, durante il quale i due sposi bevevano l'idromele dallo stesso calice.
Ancora oggi in effetti, integratori alimentari sottoforma di sciroppo a base di propoli e miele vengono usati per prepararsi alla stagione fredda e prevenirne i tipici malanni. E' quindi comprensibile come gli antichi potessero associare la buona salute derivante dall'uso dei prodotti delle api, all'aumento della fertilità.
Fu scoperta probabilmente per caso, assaggiando l'acqua nella quale erano stati immersi dei favi per essere ripuliti; il miele immerso in acqua aveva fermentato naturalmente dando origine alla prima bevanda rituale della storia.
Con la scoperta della coltivazione dell'uva, in epoca romana dunque, l'Idromele consumato dai novelli sposi, per riprendere le forze dopo le prime, intense notti d’amore, è distillato insieme al vino, così come più frequentemente si trova in commercio attualmente.
Fonti ed immaggini:
Matilde Serao Il saper vivere Prismi (in allegato al quotidiano partenopeo Il Mattino nel 1996)
Wikipedia: l'enciclopedia on line

sabato 26 maggio 2007

Fede nunziale (Ampliato)

Gli anelli nunziali, come quelli di fidanzamento, hanno origini molto antiche.
L'usanza di portare la fede all'anulare sinistro risale all'epoca degli antichi egizi, che credevano di aver individuato una vena che partendo proprio da questo dito, arrivasse fino al cuore e lungo cui pensavano che corressero i sentimenti.
"Legare" l'anulare significava quindi garantirsi la fedeltà.
La suora che mi insegnava religione in primina, mi disse che in realtà l'anello nunziale si chiama "vera"; ecco quindi spiegato l'origine del sostantivo "fede"per indicare la "vera" nunziale, che ai suoi albori in Egitto, era l'unico simbolo del matrimonio sancito a sua volta soltanto da un rito privato. Il matrimonio infatti nella vita comune dell'epoca non era regolato da un atto giuridico; non esisteva nemmeno un geroglifico che stesse ad indicarne il termine vero e proprio, e le fedi consistevano in un sottile filo di metallo o in un cerchietto semplice doppio o triplo.
L'abitudine di indossare un cerchietto d'oro dopo il matrimonio si affermò, infatti, solo a partire dal XVI secolo. La consuetudine di incidere i nomi degli sposi e la data delle nozze all'interno della vera risale al Settecento, su ispirazione forse sempre dell'antico Egitto, dove, in altri tipi di anelli, si riteneva che colui il cui nome vi era iscritto avrebbe vissuto nell'infinità del tempo.La tradizione, dunque, impone che le fedi siano in oro giallo. Oggi, però, la moda le propone anche bianche di platino.
A sceglierle sono entrambi i fidanzati, ma è lo sposo ad acquistarle e a portarle in chiesa o in municipio il giorno delle nozze.
Nei paesi del Nord Europa la fede nuziale si porta sulla mano destra. In quelli anglosassoni invece è solo la donna a doverla portare; alla luce della tradizione egizia, tale costume lascia un pò perplessi...
Fonti: uno scritto di Ada Russo Pavan, quotato da Kyia, moderatrice nel forum Egittophilia, ed altre informazioni fornitemi da Kyia stessa
"Tutto Sposi" inserto su "Il Mattino" di Napoli, sull'omonima manifestazione partenopea;
Il sito: Sposi.net
Le foto con lo sfondo bianco sono del sito della Wilton;
quella in bianco/nero, del sito Foto Sacconier;
quella con gli sposi è del sito Sposi.net

giovedì 17 maggio 2007

"Tutti giù per terra!"

Appena conquistata la stazione eretta i bambini poi tornano a preferire strisciare o gattonare con sommo disappunto dei loro genitori preoccupati che respirino polvere germi batteri etc.
A parte la considerazione che il crescere in un ambiente troppo pulito non giova allo sviluppo di anticorpi da parte dei bambini, bisogna farne un'altra su questo "rito" dello spalmarsi a terra, più innato che ancestrale. Il contatto col pavimento serve ai bambini a rilassarsi dopo il gioco o la corsa, quando entrano in uno stato di abbandono mentale e fisico oppure si addormentano beati.

La pratica dello Yoga, scienza antichissima (pare abbia più di 5.000 anni) aiuta i bambini ad interiorizzare, e agli adulti a ricordare il rilassamento, innato nel fanciullo. La coscienza durante questo processo rimane testimone dell'attività del corpo e della mente, facendo si che il rilassamento abbia effetti rigeneranti, donando calma e facilitando i sogni tranquilli.
Giocare per terra, gattonare, strisciare sono comunque atti che il bambino deve fare quando è piccolo perchè il movimento su di una superficie piatta ed estesa come il pavimento gli serve per interiorizzare il rapporto spazio/tempo, ed ai genitori o insegnanti a controllare che ciò avvenga nel modo giusto. Un tempo si pensava che non aver gattonato predisponesse alla dislessia. Oggi ci sono casi di dislessici con un passato di gattonatori di tutto rispetto (anche se bisognerebbe sapere "come" muovevano gli arti per spostarsi) ma è interessante notare che c'è una popolazione primitiva in cui la credenza dell'impurità della terra, intesa come suolo, impedisce ai suoi figli di stare per terra prima di imparare a camminare eretti; questi indigeni sono tutti dislessici.
Fonti bibliografiche: Ugo Pirro - Mio figlio non sa leggere - Milano Rizzoli 1981
Stefania Montagna - Yoga Bimbi - Edizioni Cerchio della Luna 2003
Le foto del bambino sotto il tavolo e di quello per terra ritraggono i figli dei coniugi Borgnino autori del sito di Mediasuk: Vivere semplice e spregiudicato
La foto dei bambini che fanno yoga è di un centro yoga

martedì 24 aprile 2007

Giro, giro tondo...

Ai giorni nostri, solo le religioni new age e neopagane hanno conservato o riadottato il modo di pregare recitando una nenia mentre circuambulano uno spazio. Qualcosa di questo arcaico modo di pregare, è stato tramandato nelle Rogazioni, processioni circuambulatorie lungo i confini del paese e dei suoi campi coltivati, che tutt'ora caratterizzano molte feste paesane italiane.
Di questo rito arcaico, tuttavia, una traccia più evidente è rimasta nelle filastrocche cantate dai bambini durante il girotondo. Mentre in alcune scuole dell'infanzia (ex materne) italiane, si cominciano le lezioni recitando l'Ave Maria, in Svizzera, nell'asilo d'infanzia Wakita, uno dei 15 privati, ubicati nei boschi, i bambini cominciano e terminano la giornata tenendosi per mano in circolo, recitando una filastrocca.
Anche i bambini dell'asilo svizzero quindi pregano, ma il loro è un modo di pregare arcaico, che lascia filtrare la propria origine nelle Ambarvalia, antiche cerimonie agrarie. Il girotondo richiama infatti la circuambulazione dei campi coltivati ripetuta tre volte di seguito, per allontanare da essi cattive influenze metereologiche e magiche. I contadini poi procedevano con il sacrificio purificatore di un suino, pecora o toro in onore di Marte per la protezione e difesa dei perimetri e Cerere, per
propiziarsi un buon raccolto.

Anche i bambini dell'asilo Wakita, con i loro insegnanti, alla fine delle lezioni, con un ultimo girotondo, onorano il bosco salutando gli alberi, il sole, il cielo. Poi sussurrano a uno a uno il proprio nome, al quale in coro, tutti insieme come in una nenia, rispondono:"Isch da" "E' qui".

Fonti: "C'è un asilo nel bosco" - articolo di Silvia Ortoncelli pubblicato sul supplemento "D" del quotidiano La Repubblica.

Valeria Cotttini Petrucci, Luciana Mariotti " Le feste giocate" Edizioni De Luca 1998, Roma

La foto del girotondo dei bambini nel bosco è stata presa dal sito dell'asilo svizzero Wakita citato
nell'aricolo di "D" e nel post.

La foto degli adulti nel bosco, proviene dal sito di Damanhur; autonoma comunità spirituale su territorio italiano.

mercoledì 4 aprile 2007

Carnevale...dei piccolissimi


Per i bambini, il carnevale nostrano, presenta similitudini nel gioco scaramantico ed alla teatralità a loro innata, con i travestimenti di Halloween dei ragazzini anglosassoni. Ma i neonati? Da cosa origina l'abitudine di travestire bambini così piccoli che neanche si rendono conto? Nella motivazione più o meno consapevole di proiettare sui bambini, i nostri desideri circa il carattere o l'aspetto che vorremmo avessero, - es. bambine cicciottelle vestite come improbabili ballerine o leggiadre fatine - vi è il residuo ancestrale di indossare la pelliccia di questo o quell'animale nella speranza di acquisirne le caratteristiche. Così come in un arcaico passato i sacerdoti o a volte i guerrieri impersonavano l'orso indossandone la sua pelliccia per officiare alcuni riti, le mamme travestono i loro bimbi neonati, come i piccoli degli animali da cui più o meno inconsciamente vorrebbero che mutuassero alcuni tratti fisici o psicologici particolari. Ad esempio: l'agilità del gattino, la lealtà del cane, la capacità (auto) curativa dell'ape, o dell'orso, e simili, per finire ai travestimenti dei personaggi dei cartoon con i quali richiamare il potere (delle regine) la bellezza (delle principesse) e via dicendo. Tale rito ancestrale si palesa anche in chi sceglie per i propri figli, nomi di animali; Orso, Lupo etc., considerando anche il fatto che presso i nativi americani, la pratica medica di indossare la pelliccia di un animale per acquisirne le capacità curative, è ancora in uso.
Fonti: Wikipedia, l'enciclopedia on line;
Grizzly Bear Lake: "L'iniziazione all'arte dell'uomo-medicina" Edizioni Amrita

Carnevale


Il travestimento a scopo ludico/scaramantico presente un pò in tutte le culture, attesta la propria origine innata nell'umanità. Attraverso i secoli e le migrazioni le tradizioni si influenzano l'un l'altra o si sviluppano autonomamente ma in maniera sincretica.
Febbraio, mese in cui principalmente si svolge il carnevale nostrano, mutuato da un rito egiziano di fertilità dei campi antico di 4000 anni, dedicato ad Iside, è anche il mese in cui in Giappone cade la festa dello Setsubun. Tale festività religiosa, coincide temporalmente con l'europea candelora, con la quale ha in comune anche l'arcaico significato di annuncio di primavera. Per propiziare la fertilità dei campi, in relazione anche al perpetuo rinnovarsi della vita, altro aspetto sincretico con il carnevale egizio, è usanza nipponica, durante lo Setsubun, che a turno, un membro della famiglia si travesta da demone contro il quale gli altri lanciano fagioli di soia a scopo scaramantico.
Il contenuto del carnevale nostrano, tuttavia è da far risalire ai Romani i quali, durante i Saturnali, coincidenti temporalmente, con le nostre feste natalizie , promulgavano la sospensione delle leggi e delle norme del vivere sociale. Donde l'erompere della gioia quasi vendicativa della plebe e degli schiavi e la condiscendenza del patriziato, che si concedevano un periodo di frenetiche vacanze di costumi e di lascivia di ogni genere.

Fonti: Wikipedia - l'enciclopedia on line;
"Sakura no sekai" il blog di cultura giapponese di Barbara


lunedì 26 marzo 2007

Fiocco rosa...fiocco celeste

Come mai Barpapapà è rosa pur essendo maschio?
La ragione intenzionale è che il rosa pallido è il colore dello zucchero filato che in francese si chiama proprio: Barbe a papa.
Vi è poi una ragione recondita, più ecologista, forse inconscia....il rosa è un colore naturale, biologico, come la terra, dalla quale i due creatori di Barbapapà, fra i quali un biologo, lo fanno spuntare un giorno, innaffiato da Francesco, il bambino nel cui giardino cresceranno poi anche tutti gli altri barbapapà.
Questa è anche la ragione per cui il genere femminile, da sempre identificato con la Grande Madre, dea terrestre, archetipo di tutte le altre dee, viene associato al colore rosa della terra. Vestire le neonate di rosa, significava quindi propiziare in loro, la fertilità insita della Natura.
Nel corso dei secoli, quando la Grande Madre è caduta in ribasso soppiantata dai vari Dei del cielo, per contrapporre l'usanza di vestire i neonati maschi di celeste perchè il cielo li proteggesse, il colore rosa di abiti ed accessori delle bambine, ha acquisito allora, anche il significato di assicurare loro la buona salute, al cui colore infatti tuttora si associa.
Vestire di cielo qualcuno o qualcosa perchè Dio li protegga, è anche la ragione per cui nelle isole greche o in Tunisia le porte delle case sono dipinte di celeste.
In un articolo lessi che, contrariamente a quel che si è portati a credere, al mondo nascono più maschi che femmine, ma al traguardo dell'adolescenza, nel rapporto fra numero di maschi e femmine viventi
sulla Terra, la proporzione si inverte. Ecco forse la ragione che in tempi remoti spinse i genitori di figli maschi a cercare con un rito un modo perchè il Cielo potesse proteggerli.
Bibliografia: Desmond Morris Il bambino; tutti perchè, Mondadori, 1993
Enciclopedia delle religioni a cura di M. Eliade, Milano 1988, voce "Dea, culto della"

martedì 20 marzo 2007

Le torte tonde (...e bianche) delle feste

Festeggiare i compleanni è un'usanza antica; nel Vecchio Testamento troviamo un personaggio bibblico che festeggia il "suo giorno", e lo facevano anche gli egizi. La tradizione di farlo con una torta è persiana; i persiani in particolare, accostano l'impiego dei dolci, a varie cerimonie religiose. Ancora oggi in Iran, ai funerali si consumano dolci tipici preparati per l'occasione.



Anche la torta di compleanno, tonda e bianca, con su delle candele accese, presso i greci antichi, aveva un significato religioso; più precisamente un atto di devozione alla luna, che una torta così concepita, nella sua forma, colore ed illuminazione, rappresentava.

Al giorno d'oggi in occidente, il bianco è diventato il colore quasi esclusivo del matrimonio e dei suoi accessori; pertanto solo le torte nunziali osservano ancora quasi per intero il rito lunare ancestrale dal quale originano le torte da cerimonia.

Mancano però le candeline accese che in una torta similare sembrerebbero fuori posto...eppure era proprio quel dato, e non la rotondità della torta nunziale (come lessi in un sito di organizzazione matrimoni tempo fa) a portare fortuna agli sposi ed alla loro famiglia d'origine e futura.
Ad una mia parente impegnata nell'organizzazione del proprio matrimonio, fu detto che in quel periodo della sua vita, fino a dopo il matrimonio, avrebbe dovuto aspettarsi, lei, il suo futuro sposo, e le rispettive famiglie, l'accadere di tre disavventure; una più grave tipo un incidente medico, e le altre due più lievi,magari di tipo economico.

Verificare la veridicità di tali affermazioni ha poca importanza; curioso è però notare, come spiegherò meglio nel seguente post sulle Candeline (che in effetti è precedente a questo) che in tempi remoti, si accendessero delle candele durante un convegno festoso di persone, onde tenere lontani gli spiriti maligni attratti dai lieti eventi riguardanti gli esseri umani.

Bibliografia: Desmond Morris, Il bambino; tutti i perchè, Mondadori, 1993

giovedì 15 marzo 2007

Candeline

L'immagine a fianco, dell'artista Fosca, raffigura Pasifae incinta del Minotauro per volere di Giove. L'artista ha usato per simboleggiare l'inizio di una nuova vita nel grembo di Pasifae, una candela accesa. Tale simbologia, pur essendo antichissima nella storia dell'umanità, ci accompagna tutt'ora nel rito dello spegnimento delle candeline durante un compleanno. Ogni candelina rappresenta un anno di vita, ma per completare il rito secondo la tradizione per la quale è nato, bisognerebbe aggiungere fin dal primo anno una candelina in più, che rappresenti la nostra vita dal concepimento alla nascita. In origine infatti, il rito delle candeline sulla torta, aveva inizio già qualche mese dopo la nascita di un nuovo individuo: era una sorta di battesimo del nuovo nato, i cui genitori festeggiavano la nascita, spegnendo la sua prima candelina, proprio come simbolo della sua venuta alla...luce.

La proprietaria di un negozio del Vomero, quartiere di Napoli, anni fa, trovandomi nel suo esercizio proprio per acquistare delle candeline di compleanno, mi informò circa la presenza sulla torta, della candelina in più, che stando a quel che ne sapeva lei, doveva rimanere spenta, a simboleggiare l'augurio per l'anno nuovo.
Lo stato di spento, in questa traccia della candelina della nascita, disperde tuttavia il suo significato religioso; lo stato di acceso delle candele durante una cerimonia religiosa infatti, nell'antichità, serviva a tenere lontani gli spiriti maligni richiamati da una riunione di esseri umani per festeggiare un lieto evento. In Germania nel medioevo ad esempio, si usava tenere accese tutte le fonti luminose di una casa, nel giorno del compleanno di un suo abitante. Questo spiega anche perchè le candeline vengano spente solo alla fine di una festa: la riunione sta per sciogliersi, anche gli spiriti maligni si allontaneranno; non c'è più bisogno di spaventarli col fuoco come una volta si faceva con gli animali feroci per tenerli lontani dalle nostre abitazioni.

Fonti bibliografiche: Desmond Morris, Il bambino: tutti i perchè, Mondadori, 1993
Grazie a Marcella Fusco per la gentile concessione dell'utilizzo della foto della sua opera Magica fragmenta